19 aprile 2007

19 APRILE

l'avete comprata la strepitosa ristampa??


19 APRILE

SABATO 21 APRILE
STATUTO IN CONCERTO
a GENOVA
data numero 0 del tour estivo 2007
Al Milk Club via Mura delle Grazie 25
Ingresso gratuito ore 22,30
A seguire All Mod disco djs Mods Piazza Tommaseo

Amiche e amici visitatori del sito dei Mods di piazza Statuto che suonano, oggi l’aggiornamento sarà brevissimo perché ho dovuto portare la Vespa a fare il tagliano dall’altra parte della città e devo tornare a riprenderla, ma prima ho impegni lavorativi ai quali devo arrivare in tram.. quindi scusatemi.


VITA DI PIAZZA:
Ci vediamo stasera sia stasera che domani sera alle 22 in piazza, sta prendendo forma l’aperitivo Mod disco estivo all’Imbarchino, Barino vedi di portare un po’ di volantini del Mod clan rally in piazza chè dobbiamo spedrli e distribuirli.
Sabato saremo supportati dal dj set dei nostri gemelli di piazza Tommaseo (credo che i djs saranno Claudino & Luiggi ma forse anche Jack) e sono previsti partecipanti anche da varie parti del Nord e Centro Ovest Italia..


LA GENTE VUOL SAPERE E FARCI SAPERE E CI SCRIVE A statutomod@yahoo.it
Aggiornato il sito di Gigi Restagno:
http://www.gigirestagno.info/memorial07.html


e poi. Come promesso il racconto di Raid:
Voglio vederti danzare
I am the toughest man alive, I have to struggle to survive, I have to live my life with you
This is the closest I’ll ever be to having a death sentence over me: having to share my bed with you…
Tell me that you love me, say we’ll always be together, promise you will never leave, Christina…!
You’re the most scary girl I know, people fright everywhere you go, I am an angel next to you
Everytime we go out it’s a mess, tomorrow’s scandal in the press, everything they write you know it’s true
Tell me that you love me, say we’ll always be together, promise you will never leave, Christina…!
One day when I’m dead you will remember all these moments we had together, Christina…!
Sono l’uomo vivente più forte, devo combattere per tirare avanti e devo vivere la mia vita con te
Questo per essere più vicino possibile a una sentenza di morte: dividere il mio letto con te…
Dimmi che mi ami, di’ che staremo sempre insieme, promettimi che non mi lascerai mai, Christina…!
Sei la ragazza più paurosa che conosca, le persone si spaventano dove ci sei tu, io sono un angelo al tuo fianco
Ogni volta che usciamo è un casino, uno scandalo per la stampa di domani, sai che tutto ciò che scrivono è vero…
Dimmi che mi ami, di’ che staremo sempre insieme, promettimi che non mi lascerai mai, Christina…!
Un giorno quando morirò ti ricorderai questi momenti che abbiamo passato insieme, Christina…!
[Christina – Liberator]
Ancora qualche minuto e ci saremmo decisi a placare le loro furie. Eravamo stati lì con loro fino a cinque mi-nuti prima, e sapevamo cosa si aspettavano. Il check era già stato effettuato, e Smith finiva la sigaretta e io i Baiocchi ed entravamo. Finita. Finiti. Sipario.
Salimmo sul palco, e in sala calò un minimo di silenzio, forse perché il tecnico aveva spento le luci. Iniziò la chitarra con accordi prolungati, soffici, poi il basso ricalcò su questo strano giro le sue parole sussurrate, che onestamente a me piacevano molto. One two three four!
Gli ottoni e la batteria entrarono al momento giusto e le luci si fecero chiare e mobili. Qualcuno nelle prime fi-le iniziò a ballare. Qualche bella figotta rasta muoveva le gambe meglio di me. Toccava a me.
Mi appoggiai al microfono e iniziai a cantare "Friends Forever". L’avevamo scritta in onore di un socio andato a Londra a studiare. Lo ska era bello per questo. Si parlasse di ragazze, di amici, di cose tristi, si ballava lo stesso. E ballare è l’espressione verticale di un desiderio orizzontale. Avevamo una specie di religione all’in-terno del gruppo, e cercavamo di propagandarla in musica, senza imporre nulla a nessuno. Ballare era come fare l’amore, e fare l’amore portava in alto, verso qualcuno di molto più grande.
Ma non è il caso di tediare nessuno. Era il terzo pezzo della serata, un’inequivocabile cover dei Madness e la notai. Appoggiata al bar, con una birra in mano. Era stupenda. Ma non sorrideva e non ballava, era lì fer-ma, forse perché il genere poco si adattava a lei. Aveva delle spike alte una trentina di centimetri, gonnellina scozzese e canottiera nera con bretelle di bonus. Come le altre sere ero vestito da rudeboy e con lei non ci azzeccavo un cazzo a un primo esame.
Se si analizzava la mia vita e il mio scaffale dei cd l’idea era già diversa. Cantavo in una ska band, ma ognu-no di noi amava la musica indipendente, tutte le sorta, in ambito caro al punk rock. Non era raro che sotto le giacche erano celate magliette degli Oppressed o dei Ramones, tanto che spesso prendevamo canzoni punk rock e le rifacevamo, come "Pet Sematary" oramai proclamato pezzo con cui concludere lo show, fra fi-ghe che ballano e ondate di spintoni nelle prime file.
E tenevamo in cantiere parecchie canzoni Oi! per fighe di quell’entità. Quella volta in seduta comune simul-tanea era il turno degli Angelic Upstarts, e lei drizzò le antenne alle prime parole. Però non si divertiva, e io avevo come l’impressione che non si sarebbe divertita nemmeno con gli Anti Pasti veri sul palco.
Qualcosa nel suo intimo la turbava a tal punto che dovevo intervenire io a dare colore alle sue giornate. An-cora qualche canzone e avremmo dato posto agli Statuto, con cui avevamo fatto un bel giro in centro appe-na erano arrivati, tre ore prima. Sicuramente "Out All Night" dei Pietasters, gruppo con la quale ci sentivamo più simili, "Kick De Bucket" dei Liberator, la nostra "No Panic On The Streets, It’s Just An Antifascist Demon-stration" e "Pet Sematary" tirata per le lunghe per far divertire noi e il pubblico.
Poi uscimmo portandoci via gli strumenti in sovrabbondanza. Li mettemmo in quel camerino e andammo a goderci gli Statuto. Oskar era un comico, ballava e cantava come lui aveva istituito anni orsono. Il concerto fu bello carico ma forse un po’ corto, infatti il cielo fuori era ancora bello. Nonostante il fiato corto per il gran ballare riuscivo ancora a fumare una sigaretta. Che cielo… avevo ballato tutto il tempo, nemmeno un pensie-ro alla sconosciuta. Era giusto così: è un concerto, si va per il gruppo, non per abbordare qualche mignotta come quelli che vanno apposta in discoteca coi soldi di papà. Semmai si balla insieme e poi ogni cosa nasce da sé, per rapporto serio e duraturo. A un concerto ci si diverte, non si impongono i propri ormoni.
Finita la sigaretta abbandonammo il posto e gli Statuto per andare a un pub irlandese vicino, bello spazioso con gente varia ed eventuale a suonare e ballare. Noi sette ci stavamo lì dirigendo, quando seduta sui gradi-ni di una porta stava la Brody Dalle vista in precedenza. Rannicchiata, era come se avesse un gran freddo a luglio, forse piangeva. Presi un minuto:
"Scusami - iniziai, e mi accovacciai davanti a lei - non vorrei fare una brutta impressione, ma vorresti venire a bere qualcosa con noi? Dai, ti tirerà su…"
Alzò la testa. Tutto il trucco era andato a farsi fottere lungo le sue guance. "Ok. Ma non ho voglia di parlare"
"Non parlerà nessuno. Lì si balla e si beve Guinness"
Il suo volto rigato si illuminò un po’ nel sentire questo nome. Piano si alzò e ci seguì. Niente presentazioni.
Non ero lì per sfoggiare ormoni, che però erano sempre pronti a entrare in azione.
Entrammo da Sullyvan e già le sue sorelle stavano ballando. Salutammo e lui fece alzare un vecchio addor-mentato da una panca e ci preparò otto posti in tempo zero. Quattordici occhi a quel tavolo erano puntati su di lei. Lei non ne dava peso, disse subito "A me una Guinness media in conto separato" e poi si mimetizzò in quel suo mondo di silenzi ed apatia. Mi alzai repentinamente perché avevo avuto un’idea, che probabilmente aveva avuto anche qualcun altro, ma che forse riteneva troppo avventata…
"Sullyvan? Ce l’hai un cd dei Dropkick Murphys?"
"Ah ah… sei cotto, eh? Sì, dai, cerco di convincere le sorelle a ballare comunque poi te lo metto su…"
Sullyvan aveva capito tutto. Sorridendo mi sedetti nuovamente. Stavo di fianco a lei, era bella, emanava ca-lore, ed anche un buon profumo. Avevo una voglia allucinante di accarezzarle le gambe, baciarle il collo, far-ci l’amore fino allo sfinimento. Però… lei voleva l’anonimato e il minimo coinvolgimento, li avrebbe avuti.
Delle cornamuse ruppero l’aria. Gli altri non ci fecero molto caso, mentre arrivavano le birre, ma io sì. Il più rigoroso street punk si fondeva con quel suono magico, facendo battere il ditino sul bordo del tavolo alla ra-gazza. Stranamente le birre finirono molto presto, almeno quelle dei maschietti, perché c’era una questione da sbrigare. Ballare di nuovo fino allo sfinimento.
"Balli?" le chiesi come nei prom di fine anno.
"Cosa? Stai scherzando?" il suo viso era stranamente espressivo e vivo, più di prima.
"Cosa te ne frega? Ridono? Lasciali ridere. Io mi libero facendolo, tu fai come vuoi…"
Ci lanciammo in un ballo casuale, incrociandoci fra noi o fra le ragazze, ormai non più scocciate per il cam-bio di programma, e lei si alzò in piedi per guardarci, sempre Guinness alla mano. Forse mi sbaglierò, ma in quei frangenti in cui la guardavo mi pareva sorridesse…
La nottata finì verso le due, e io ebbi il compito di riaccompagnarla a casa.
"Allora dov’è che abiti?" le chiesi usciti dal pub.
"In quella casa dove mi hai visto sui gradini"
"Ah. Allora ti accompagno lì poi vado a casa mia"
Beh, velocemente, la sua abitazione arrivò, e lei mi salutò inespressivamente. Stava per chiudere la porta, quando non potei più fermarmi: "Scusa… però… vorrei rivederti"
Si voltò riaprendo la porta. Ci fissammo qualche secondo. "Non credo di volere qualcuno sotto le lenzuola…"
"Ma io non miro alle tue lenzuola… miro a te… però, se non te la senti…"
"Oddio, scusa… ultimamente ho avuto qualche problema con l’altro sesso, e cerco di evitarli…"
"Non sai quanto sbagli. Aggiri il problema per sempre, e a trent’anni sei ancora triste e sola, e tutto questo aggraverà la tua condizione… prima o poi sarai la fortuna di qualche strizza cervelli…"
Sorrise: "Perché stai facendo tutto questo?"
"Perché sono cotto, ok? Mi piaci, ti ho puntata dal palco, e ti ho raggiunta, perché ho intenzione di non resta-re senza nome per sempre… ti basta o ne vuoi ancora?"
Sorrise di nuovo: "Piacere, Elena"
Oh, grazie a Dio mi dava il nome. "E io sono Fabrizio"
"Beh, fra tre giorni suonano gli Hormonauts. Se ti va ci vediamo lì. Suoni quel giorno?"
"Grazie a Dio, no. E se non vieni ti sfondo la porta"
(- Vorrei tanto mi sfondassi ben altro - pensò la ragazzetta quando fece fare due giri di chiave alla porta.)
Passai i tre giorni successivi fra le nuvole. Fino a che toccò agli Hormonauts salire sul mio buon vecchio pal-co. Come di default erano una forza della natura, oltre che molto simpatici fuori dal palco… Arrivammo al concerto con due macchine, e non era mia intenzione perdermelo per pomiciare con Elena, anche se avevo gran voglia di farlo. Poi magari non le piacevo neppure. Ballai e pogai vestito da rudeboy tutta la serata, era-vamo arrivati un po’ in ritardo per problemi con la Uno, quindi avrei evitato di litigare per decidere chi stare a sentire. Infatti non la vidi e non ci pensai durante nessuna canzone, e poi andai a chiacchierare con Pin, il batterista (la foto sul sito dimostra). All’improvviso un’altra voce si inserì nel dialogo. La sua.
Pin capì tutto, mi diede una pacca sulla spalla e girò i tacchi, non prima di essersi presentato.
"Beh? È il modo di comportarsi? Ti ho guardato ballare tutta la sera… non hai nemmeno provato a pensare che io ti stavo cercando?" lo disse, ma era un po’ divertita della cosa, riprendeva piano piano a vivere.
"No, no, cagami, questo è un concerto! Voglio vedere e interagire col gruppo! So cosa si prova quando sotto nessuno ti caga… e un concerto non serve per sfoggiare gli ormoni…"
"Ok. Ora il concerto è finito, lo sai? - disse con un’espressione che fece svegliare qualcosa in me. Prima che potessi dire qualunque altra cosa mi anticipò - Ti offro una birra, vuoi?"
Annuii e andammo verso il bar. Oggi era un po’ diversa. La gonna era la stessa, ma la canottiera era pratica-mente una maglietta senza maniche, e i capelli erano sciolti, ricci, neri, bellissimi.
"Però mi piaci di più con le spike, lo sai?"
"Sì - esitò un po’, poi riprese - non sei il primo che me lo dice…"
"Lo stesso uomo di cui hai accennato l’altro giorno?"
Era a disagio. Buttò giù una sorsata e poi riprese: "Già. Ogni volta che penso a lui, il mondo torna sempre grigio, anche se sto qui con te, ora quest’appuntamento mi fa schifo… non c’entri tu, sai, però…"
"Hai bisogno di una bella terapia d’urto…" non ero affatto rimastoci male per la rivelazione. Si intuiva.
"E cosa? Ci provo, ci provo, lui c’è sempre…"
"Ah… il primo amore… e cosa credi, che non troverai mai più nessun altro? Apri gli occhi, Elena, il mondo è fuori, se non sono io sarà qualcun altro… lo troverai quello che ti riempie… è solo questione di volerlo dav-vero, e di mettere via i rimorsi. Solo così puoi farcela…"
"E tu… mi aiuteresti?"
"Se ti aiuto? Dammene solo la possibilità…"
"Ok. Allora baciami"
Non me lo feci dire due volte. Fra le sue labbra stavo bene, stavo di un bene maledetto, quando finì era co-me tornare da un altro pianeta. Mi abbracciò forte, senza guardarmi in volto. Per la prima volta dopo tanto tempo si sentiva di nuovo vicina a qualcuno, si sentiva protetta.
"Ti va se dico cosa mi affligge?"
"Senti, se te la senti tu me lo dici. A me non interessa farmi i cazzi tuoi, mi interessa sentire i tuoi problemi se davvero posso fare qualcosa… sono o non sono il tuo ragazzo?" ironizzai, errando.
"No, eh, noi non siamo ancora insieme… siamo belli vicini, ma no, insieme a una persona non me la sento ancora…" queste parole mi fecero provare un gusto ancora maggiore nel riuscirci.
"Ok, ok - dissi accendendo una sigaretta - però usciamo da qui… facciamo un giretto…"
Così uscimmo dallo stabile e passeggiammo mano nella mano in direzione opposta a casa sua. Non aveva ancora iniziato a parlare, non era ancora disposta. Si sedette su un muretto, io mi sdraiai e poggiai la testa sulle sue gambe. Sapevano di buono, al tatto e all’olfatto si era depilata da poco…
"Ti premetto che non sono molto socievole… quindi trovare qualcosa di forte e intenso come l’amore mi la-scia senza parole e spiazzata, non so se puoi capire… - iniziò, per nulla a disagio della mia posizione - Beh, l’anno scorso, questo ragazzo mi fa una serie di avances, così belle e dolci che mi sono sentita in dovere di mettermi con lui. Era fantastico, l’unico tasto dolente era che io non volevo ancora fare sesso…"
"Ma scusami… quanti anni hai allora?"
"Beh… io ne ho sedici… - ci restai malissimo. Io ne avevo venti… - e lui ne aveva venti. Dio, era bellissimo stare con lui. Dopo un po’ di mesi, a cuor leggero, senza pressioni mi sono decisa a fare l’amore con lui. È stato subito bellissimo, speravo che il sesso sarebbe stato sempre così travolgente… alternavamo momenti di tenerezza a momenti di sesso travolgentissimo… però…"
"Però c’era qualcun’altra che si faceva travolgere, o sbaglio?" chiesi mettendomi a sedere.
"Già. Ma non è ancora finita… - appoggiò il capo sulla mia spalla, ormai ero di fianco a lei - il modo in cui lo scopersi e con chi mi hanno così dato rabbia che non so che santo mi sta permettendo di farti tenere la mia mano… beh, ho testato a pelle di non potermi più fidare di nessuno… avevo lui e la mia migliore amica, poi nessun altro. Senza tirarla troppo per le lunghe, sono andata a casa di questa mia amica, senza avvisarmi, e poi… poi li ho trovati… beh, hai capito, no?"
"Sì, sì, ho capito - la strinsi un po’ più a me - è orribile quello che hanno fatto… ed è questo che ti blocca?"
"No, in realtà c’è dell’altro… poi loro hanno cercato di spiegarsi, di tornare nella mia vita, di dire che in quel pompino c’era qualcos’altro… lei aveva avuto dei problemi, così lui, che carino!, si era offerto di aiutarla a quel modo… ora vivo da sola, non cerco amici, né ragazzi… beh, questo prima di incontrare te…"
"Me? E cosa ho di più io?"
"Tu, cos’hai? Sei un matto, non ti vergogni di nulla, e poi, cazzo, ti sei innamorato di me così presto, senza neppure che io ti parlassi sul serio… davvero, non ho mai trovato nessuno come te…"
"E lo sai perché? Perché non ti sei guardata bene intorno. Il mondo è pieno di persone. Se io ero timido e non mi facevo avanti tu continuavi per sempre a tenere il muso al mondo?"
"Credo… credo di sì…" rispose, e nel farlo mi strinse un po’ più forte.
"Tu sei bellissima. E mi hai stregato. Non permetterò mai di andarmene via da te, è chiaro? Il tuo passato è un brutto ricordo, ora comincia la tua vera vita… ti va?"
Si mosse leggermente, annuì con riserbo. Aveva paura di sbagliare e di soffrire ancora? Probabile, ma la pelle si indurisce a furia di tentare, e sbagliare, e imparare.
D’un tratto le chiesi: "Ma perché quel giorno piangevi davanti a casa tua?"
Lei, guardandomi con aria colpevole disse: "Perché? Perché non riesco più a godermi un concerto, perché non vedevo spazio per me, perché credevo che il mondo non fosse casa mia, perché ero ancora scottata… poi grazie a Dio ti ho incontrato… non farmi continuare, ti prego…"
"Ok" dissi soltanto, baciandola una seconda volta…
Stettimo in silenzio sotto la luna ancora qualche minuto. Le nostre mani si stringevano, la mia spalla sorreg-geva ancora il suo capino. Chiesi qualcosa, un po’ timoroso:
"Momenti del genere li passavi anche con lui?"
Sospirò. "Era dolce, ma non nella maniera mielosa che spesso piace a noi ragazze… però, non mi va di con-tinuare a pensare a lui, ora che sto pensando a cosa farmene di te…"
"Beh, forse ti ho fatto aprire gli occhi per questa notte, poi magari troverai qualcun altro. O se vuoi puoi te-nermi, e vivermi come non hai mai vissuto nessuno. Credo di avere quello che ti serve…"
"E cos’è che mi servirebbe?" chiese come per dire: "Non ho bisogno della tua elemosina!"
"Cosa? Un sacco di musica ska, e balli irlandesi, e Guinness, e ribellione…" Probabilmente le mie parole fu-rono dette a vuoto, così deboli che non convinsero neanche me.
"Già. Ho proprio bisogno di qualcosa di nuovo. Ti va di venire a casa mia? Ti offro qualcosa…"
"Beh, ok" fu la sola cosa che riuscii a dire.
Ci dirigemmo a casa sua mano per mano, come se non fosse successo nulla sul muretto. Lei era nuova, for-se, era diversa, era tornata a sorridere, e mi sa che fra poco lo avrei fatto anche io.
"Ma a quest’ora non do fastidio ai tuoi?"
"No, sono andati in vacanza, sono a casa da sola…"
"Ah" dissi. Tanto probabilmente mi credeva troppo buono per stuprarla sul suo letto, e poi lei non mi avrebbe fatto nulla… era traumatizzata… perché avrebbe voluto soffrire ancora?
Infatti appena entrati mi fece accomodare in cucina, e andò in cantina a prendere due birre. Me ne mise una in mano e dal tavolo cominciò a fissarmi. Mi guardava imbambolata, e cominciai anche io a guardarla, non si tirò indietro e ci facemmo facce buffe fino ai dieci minuti successivi.
"Sei divertente, lo sai?" mi disse.
"E tu sei bellissima"
Bevve una sorsata e poi si alzò. Si piantò davanti a me, e riprese a fissarmi. Si mordeva le labbra, suppongo per farmi ridere, però non era di quella teatralità che hanno di solito questi gesti.
Fece un passetto avanti e si chinò. Dalla magliettina si intravedeva la piega fra i seni:
"Credo di aver fatto la mia decisione…"
"E qual’è?" chiesi. Un po’ me l’aspettavo, le ero stato vicino quel giorno, ormai ricambiava, mi dissi.
Lei comunque non rispose, e riprese la birra. E poi… mio Dio, poi mi montò sulle gambe, a gambe aperte, come a volermi provocare per buttarla a terra e chiavarla senza pensarci troppo.
"Wow - disse, mettendomi un po’ a disagio - sei contento della mia scelta, sento… e per dimostrarti che mi piaci davvero, e che in te ci credo davvero, voglio fare con te una cosa speciale" disse giocherellando col di-tino coi bottoni della mia camicia.
Non so cosa mi prese. Qualcosa era più forte di me, e questo qualcosa voleva che lei si liberasse davvero, e per liberarsi davvero c’è una sola terapia: "Ah… allora vuoi ballare?"
"Cosa?" A un primo esame avevo rovinato tutto, ma non era così. Mi doveva qualcosa, e poi doveva sentirsi in alto, come solo ballare fa stare in alto.
"Sì, dai, balliamo. Che male c’è? Qui chi ti vede? Poi tutto sarà più bello. Te lo assicuro…"
Lei scese da me, sorrideva, e scosse la testa (tipo "è un caso perso"). Mi prese la mano e mi trascinò nella sua camera. Davvero bella spaziosa… io me li sognavo tutti quei metri quadrati… "Scegli un cd" mi disse.
Li guardai un paio di minuti, senza che lei mi lasciasse la mano (erano davvero tanti!), poi tirai fuori quello che forse avrebbe fatto in modo di portarla davvero in alto.
Ogni canzone di "Life Won’t Wait" ti faceva ballare, a parte un paio. Lei me lo prese di mano e lo posizionò nel suo stereo. Schiacciò Play e io misi il random.
Prima di cominciare mi guardò, e con aria preoccupata mi chiese: "Prometti che non ridi?"
"Non riderò, stai tranquilla"
E vederla ballare, e ballare insieme a lei fu la cosa più fantastica della mia vita, e anche l’amore che facem-mo dopo, sempre coi Rancid in sottofondo, la fece ballare, come sempre, per sempre. Ci addormentammo esausti, ma la nostra danza più lunga e più intensa non era che appena cominciata…
Più ci penso e più me la immagino una figa della madonna… certamente più di quelle pischelle di plastica che affollano il mondo del punk, credendosi chissà chi… lei sarebbe certo più matura, più fascinosa e con più stile… e poi le spike a chi non piacciono? Come look lei è come la figotta che si vede per un istante in "You Can Never Go Home" degli Unseen, però ha le spike come KC, e le bretelle. Carino questo, anzi, dato il bel responso da parte del pubblico è forse uno dei migliori… l’attesa ingigantisce poi il giudizio… la prima stampa mancava del dialogo "Ma perché quel giorno piangevi davanti a casa tua?", che poi ho collocato, e la storia mi sembra davvero vivida, completa e perfetta… dai, però è bello romantico, e l’amore si intreccia con la musica, cosa c’è di più bello? E poi l’ho scritto tutto bello veloce anche per inaugurare la stampante nuo-va, Canon Pixma. Elena ha un passato travagliato, però con quel bel figotto mod di Fabrizio tutto si siste-ma… cazzo, sento che manca qualcosa qui dentro… ci sono pompini, fottono, c’è il punk rock, c’è amore, c’è la birra… ah… non c’è il nome del gruppo!! Ok, ok, nuovo contest… il premio stavolta è un cd artigianale che ho fatto io erroneamente in due copie e chi mi trova il nome più bello glielo regalo… il saluto finale, an-ch’esso molto gradito ai lettori, lo lascio: hasta la vista!! Hai visto l’asta?
RAID


Vergognosa prova della nostra squadra ieri a Siena, incomprensibile! Saremo scarsi ma non tanto così!
4 MAGGIO al FILADELFIA
Chi volesse avere informazioni sullo spettacolo mi contatti in privato.
E’ tutto. Grazie prete e Vitrox e grazie a tutti voi. RABBIA E STILE oSKAr