20 luglio 2007

DAL 20 LUGLIO

STATUTO IN CONCERTO
SABATO 21 LUGLIO
a CESANO MADERNO (MI)
RIBALTA SONICA in piazza ESEDRA
ore 22- INGRESSO GRATUITO
Indicazioni Stradali dettagliate:
A50/E64 PRENDERE L’USCITA IN DIREZIONE CORMANO E SEGUIRE DIREZIONE MEDA/BRESSO E ANCORA COMO/MEDA. CONTINUARE SU VIALE RUBICONE. CONTINUARE SU SS35/SP35, PRENDERE L’USCITA IN DIREZIONE USCITA 10/CESANO MADERNO

DAL 20 LUGLIO

Amiche e Amici della zona milanese vi aspettiamo al nostro concerto di Cesano Maderno. Noi suoneremo dopo l’esibizione dei gruppi che parteciperanno al concorso, ma il nostro concerto sarà COMPLETO e non iniziera dopo le 23. L’ingresso è gratuitissimo, quindi NON MANCATE!
Oggi è il tristissimo anniversario dell’assassinio di Carlo Giuliani. Noi non c’eravamo al G8, avevamo un concerto in Sardegna. Quindi nel dare la nostra solidarietà e nel ricordare chi non c’è più abbiamo sempre voluto tenere un profilo basso e silenzioso, per rispetto. Qualcuno ci ha fatto su dei dischi e poi ha suonato per "Coca Cola Live". Evidentemente non sanno in cosa consiste il G8. L’ignoranza non è una colpa. L’ipocrisia sì. Sicuramente i suddetti saranno solo ignoranti..


LA GENTE VUOL SAPERE E FARCI SAPERE E CI SCRIVE A: statutomod@yahoo.it
Grazie ai tanti amici che stanno scrivendo in questi giorni. Non posso rispondere a tutti sul diario ma lo farò sicuramente in privato entro pochi giorni. Intanto grazie a Ale, Marco, Elena che hanno chiesto dettagli sul nostro concerto di sabato a Cesano M., grazie ad Alberto che ci segnala questo video:
http://www.youtube.com/watch?v=_b85pI3Kp1c
grazie a Giovanni che ha letto la nuova edizione de "Il Migliore dei Mondi Possibili" e gli è piaciuta davvero molto, portale pure sabato che te lo firmo molto volentieri; Per Martina di Rivoli, sono andato a leggermi la lettera dell’Assessore Alfieri e non è che ci sia qualcosa da poter disquisire, non starei neanche a preoccuparmi del conflitto d’interesse tra "direzione e artisti sul palco", è stata completamente taciuta dai media (e da lui), in modo impeccabile e, francamente, penso che alla gente sarebbe fregato ben poco comunque, quindi giusto così. Infine l’importantissima email di Gianpy di Siena alla quale spero potranno rispondere i Mods toscani "all’ascolto":"Ciao oSKAr, come va? Sono ancora io Gianpy da Siena. colui che sta cercando di capire se può considerarsi mod o meno.Adesso ho bisogno di confrontarmi.L'idea era quella di venire al raduno di Ravenna ma prima devo vedere come potrebbe reagire il mio io insieme ad altri mods.Lo sai anche te che a Siena i mods sono praticamente inesistenti (anche se allo stesso tempo il mio considerarmi mod, sperando esserlo veramente, mi ha fatto acquisire una consapevolezza nuovo di me stesso e nel mio raffrontarmi con gli altri, con la società specialmete quella senese divisa in contrade) perciò vorrei chiederti un piccolo aiuto: mica hai qualche indirizzo di qualche ragazzo mod di Arezzo o Lucca? (o di altri posto vicino a Siena o in toscana)Un po' di giorni fa ho mandato un'e-mail ad un mod di Arezzo per sapere dove si ritrovano e quando ma non mi ha risposto.Poi vorrei che tu mi consigliassi almeno qualche disco fondamentale per quanto riguarda lo SKA (il mio genere preferito) e per i mod in generale.Lo so che la filosofia mod non è solo musicale.Un saluto e a presto."
Grazie Gianpy, ti risponderò anche io in privato quanto prima, quindi SCRIVETE!!

CANZONE DEL GIORNO:
"Shaking Up Orange Street" – PRINCE BUSTER

VITA DI PIAZZA:
Ieri sera è passato Marco bruno in piazza a prendersi il libro "Il Migliore dei Mondi Possibili" dove si parla anche di lui. Beh, era con braghette corte e infradito.. per lui le cose sono proprio cambiate! E’ passato anche Bartolo, qualcuno se lo ricorda? Dopo siamo stati al Fluido dove Ennio ha sfoggiato una bellissima camicia da taglialegna.
Sabato pomeriggio l’appuntamento per i Mods di Torino sarà dalle 16,30 in poi in piazza Statuto, davanti a Palazzo Paravia (n°civico 18) e dalle 19.00 in poi al fluido di viale Cagni 7 ci sarà il Mod clan disco fino alle 24 con djs Cumiana, PrincyMod ed EnnioTeen Mod.
Intanto il giorno del raduno mod italiano a Marina di ravenna si avvicina..(http://www.italiamod.com/ )

BOLLETTINO MODS!
E' in fase di spedizione agli abbonati il nuovo numero del bollettino MODS!, l'unico bollettino informativo mod che esce regolarmente dal 1984!!In questo numero articoli su: Who a Verona, Leeds Mod Weekender, Lex Luthor week end, Summer Paradise a Nizza, Mod clan rally più recensioni varie e tutti gli appuntamenti mod in giro per il mondo. Per avere in visione una copia gratuita o abbonarsi, inviare il proprio recapito postale all'e-mail bollettino_mods@yahoo.it




LIBERTA’ PER GLI ULTRAS!
Dovevo parlare di casuals e firm, ma invece incollo questa intervista apparsa su un sito del toro che a sua volta ha preso da un sito dei romanisti. Leggendola ho capito a chi è stata fatta, chi di voi riconosce il protagonista dell’intervista? La incollo perché mi sembra davvero interessante e condivisibile, tranne qualche raro punto, uno fra tutti quando auspica lo scioglimento dei club organizzati, cosa per me davvero dolorosa. Evidentemente l’intervista era stata fatta prima dei fatti di Catania:
INTERVISTA A UN ULTRAS GRANATA:
Com'è che un normale tifoso diventa un Ultras del Torino? Era il 1972. E chi se lo dimentica? Quello è stato il primo giorno che ho messo piede il curva Maratona. Avevo dodici anni e mio zio, tifosissimo del Torino decide di accompagnarmi allo stadio. Mi ricordo anche la partita: Toro-Sampdoria. Allora le tifoserie erano diciamo pure amiche. Ora la rivalità con i blucerchiati è accesissima. E il risultato, te lo ricordi? Assolutamente no, per il semplice fatto che non ho guardato la partita! Guardavo continuamente i tifosi. Allora in curva c'erano già i Fedelissimi e poi c'erano i Commandos. Pensa che questi ultimi avevano come simbolo un pallone con l'elmetto. Guardavo mentre cantavano, suonavano i tamburi. Facevano loro la partita e non i ventidue uomini in campo. I capi Ultras allora avevano sedici anni, massimo venti.In teoria pochi anni di differenza da me, ma mi sembravano già dei "grandi", già degli uomini. Ricordo che indossavano quasi tutti la giacca mimetica chiara e in testa avevano il basco dei paracadutisti, granata. Facevano un gran casino, incitando la squadra a vincere. Ho passato novanta minuti ad osservare ogni loro movimento, ogni loro gesto. I loro cori, il loro vestire. Ma non sentivo dentro di me l'esigenza di emularli. Non li vedevo come dei miti da scopiazzare. Mi innamoravo del loro modo di tifare e capivo che era lo stesso che volevo fare io. Diciamo che la mia "malattia" è incominciata quella domenica pomeriggio. Poi il fischio finale, si torna a casa e la febbre calcistica scende? Quando torni in curva? No, aspetta. Forse non ci siamo capiti. Non è che sono entrato in curva quella domenica e poi ci ho rimesso piede anni dopo. Io da quel giorno, da quel Toro-Doria non ho più mollato la curva Maratona e il Torino. Quindi la curva diventa la tua seconda casa. Per molti fattori diventa un mio punto di riferimento. In primo luogo era il posto in cui si ritrovavano quelli della mia età. Pagavamo il biglietto ridotto. Se la memoria non mi tradisce l'entrata allora costava sulle quattrocento lire. Negli altri settori, i distinti e la tribuna, ci andavano i cosiddetti "borghesi", quelli che volevano vedere la partita più comodamente e avevano le possibilità economica per spendere di più. Inoltre in Maratona si tifava veramente. Come ti ho detto prima qui c'era il calore dello stadio. Una bolgia dantesca, con le bandiere granata che rendevano tutto più caldo. Erano i primi Ultras. Pionieri di un movimento che emetteva i primi vagiti. Ogni domenica ci ritrovavamo in quegli scaloni di cemento e trasformavamo il grigiore del Comunale in qualcosa di unico. Tutto diventava magia e ci sentivamo veramente parte del gioco. Anzi, di dirò di più, ci sentivamo la forza che spingeva i nostri beniamini a dare il massimo, a vincere. La curva non era solo coreografia, tifo e cori. La curva, anche se siamo agli albori del movimento, era gia scontri... Sicuramente. Ma questo non succedeva solo la domenica. Infatti, succedeva spesso che ci scontrassimo con i "cugini" anche durante la settimana. Tra di noi come detto ci conoscevamo tutti, quindi era facile che se ci incrociavamo per strada ce le davamo di santa ragione. Ma tutto in modo leale. Avevamo quasi tutti sedici anni. Sangue caldo e tanta voglia di ribellione. Spesso quando tornavamo a casa dovevamo guardarci alle spalle. Non era raro che qualcuno si trovava sotto il portone la sorpresa di incontrare ospiti indesiderati. E allora giù pugni e calci. Tu venivi a prendere sotto casa me, io facevo lo stesso. Poi il giorno del derby tutti ci scontravamo in campo aperto. Ma come avrai capito vivevamo il nostro essere ultras sette giorni su sette, ventiquattrore al giorno, in strada come a scuola. E arriva il primo scontro con la tifoseria avversaria. Non più una scaramuccia da quartiere. Arriva il tuo, permettimi di chiamarlo in maniera forte, BATTESIMO DEL FUOCO. Quando avviene questo ulteriore passaggio? Durante un Derby, non poteva essere altrimenti. Tutto nasce quando arriviamo a ridosso dello stadio. Incrociamo i nostri rivali. Incomincia così da parte nostra una razzia delle loro sciarpe bianconere e dei loro stendardi. Loro reagiscono e parte la carica vera e propria. Cinquanta contro cinquanta, tutti a mani nude senza bastoni o cinghie, nessun razzo o bombe carta. Ora diremo uno scontro Old Style, vecchio stile. Nessun poliziotto nei paraggi e questo non era strano visto che allora gli stadi non erano "blindati" come oggi. Cazzotti vari, calci, veri e propri corpo a corpo. Tutto dura una decina di minuti, poi gli ultras bianconeri girano i tacchi e scappano verso la loro curva. Avevamo vinto. Nelle nostre mani erano rimasto il bottino conquistato in battaglia. Poi entriamo nella nostra curva ed esponiamo i loro vessilli. Alcuni di noi al collo avevano le sciarpe prese al "nemico". Ti ricordi cosa hai provato in quel momento, in quegli attimi prima dello scontro e le sensazioni del dopo? Rammento la paura del pre-carica. Una paura mista all'emozione. Poi pura esaltazione. Non era la prima volta che facevo a "botte". Nel mio quartiere era successo varie volte di aver alzato le mani per difendermi o per farmi rispettare. Nei quartieri popolari di Torino la scazzottata tra coetanei era routine di tutti i giorni in quegli anni. Dopo il mio primo scontro con i gobbi però non mi sono sentito un "grande", un "mito". Mi sentivo normale, nessuna sensazione particolare. Ridevo con gli altri raccontando di come erano andate le cose là fuori e di come erano scappati gli avversari, stanchi di prenderle e desiderosi di rientrare nel loro territorio, nella loro curva. Come ho detto prima noi avevamo vinto. Un pò ammaccati noi, un pò di più loro, ma nessun ferito grave, nessuno all'ospedale o con ferite d'arma da taglio. Primo scontro, altri scontri, ma non più solo nei derby... Assolutamente. Ogni tifoseria che arrivava a Torino doveva pagare il dazio. Noi eravamo gli Ultras Granata e il nostro nome doveva fare il giro d'Italia. Milanisti, Interisti, Doriani, Romanisti, ci scontravamo con tutti. Dovevamo e riuscivamo a dimostrare il nostro valore. E le altre tifoserie avevano paura. Alcuni accettavano lo scontro, altri, i meno coraggiosi preferivano evitarlo, meritandosi l'appellativo di CONIGLI, il peggior insulto per un ultrà! Raramente subivamo. Eravamo forti perché a differenza ad esempio dei nostri odiati cugini, avevamo un grande spirito di gruppo. La regola per noi era una sola: "Noi siamo gli Ultras Granata, tutti dovete sottostare a noi e rispettarci!" E così era. E il Torino Calcio che faceva? Non vi tirava le orecchie come farebbe un padre con un figlio pò discolo? Noi non avevamo contatti con la società. Non ne volevamo. Zero contatti, zero denaro. Nessuno ci ha mai dato una lira, come per dirci "dai, se fate i bravi vi aiutiamo nelle spese". Noi ci autogestivamo. I soldi per le bandiere, i pon pon, gli striscioni e i tamburi uscivano dalle nostre tasche ed erano frutto di collette che avvenivano in curva. Tu sei un pioniere del tifo granata. Il quadro di quegli anni lo hai descritto alla perfezione. Ora andiamo sul personale. Cos'è per te la paura e il coraggio? Nei tuoi racconti queste parole appaiono spesso. Puoi spiegare meglio i due concetti? Io negli scontri non ho mai voluto dimostrare nulla a nessuno. Non facevo tutto questo per avere le luci della ribalta o sentirmi Ercole sull'Olimpo. La paura c'è stata e chi dice che non esiste in quei momenti secondo me mente. Io durante lo scontro dovevo vincere la paura prima di battere il mio rivale. E lo facevo per me, per dimostrare qualcosa a me stesso. Ecco penso che il coraggio sia il passo in più della paura. Dopo la paura c'è il coraggio. Superi quella sensazione di timore che può bloccarti le gambe e allora hai raggiunto il coraggio. Non importa se è un testa a testa o sei solo contro cinque. Come ho detto più volte nessuna emulazione verso i capi. Guardavo me stesso. Mi sono trovato varie volte in difficoltà. Mi hanno rotto tre volte il naso, ho preso bastonate e cinghiate. Durante un derby notturno uno juventino ha cercato di accoltellarmi due volte in pancia e sono riuscito a deviare i colpi con la mano. Eppure il coraggio ha sempre superato la paura. In fondo sono un Ultras nel bene e nel male, anzi, aldilà del bene, aldilà del male. Ho scelto io questa vita e so a cosa posso andare incontro. A proposito vorrei aggiungere un qualcosa sulla "moda" di usare i coltelli durante i tafferugli; guarda, ci sono poche curve che possono vantarsi di non aver usato le lame negli scontri. In molti lo hanno fatto e molti ipocriti negano di farlo quando sanno bene il contrario. Io posso parlare solo per me stesso; allo stadio non ho mai portato un coltello. Ma non sono un eroe o un novello superman. Ho paura come tutti, ma cerco di superarla. Poi come ho già spiegato arriva il coraggio. Senza la paura non esiste il coraggio. L'amore per la squadra... L'amore per il gruppo di appartenenza. Cosa arriva prima? Qual è l'amore più forte? Prima di tutto io nasco tifoso del Toro. Da bambino mi regalarono la maglietta nera da portiere con la coccarda della Coppa Italia cucita sul petto. Insomma, ti avvicini alla curva perché ami il calcio e hai una tua squadra del cuore da seguire. Poi incominci a conoscere chi ha la tua stessa passione e vuole tifare seguendo la squadra ovunque e comunque. Così nasce l'amore per il gruppo. L'amicizia, la voglia di portare la tue fede in tutti gli stadi d'Italia, d'Europa, diventa fortissima. Un'eterna fede che si tramuta in amore per il tuo gruppo, per il tuo striscione. E non importa se sia lungo 10 metri o pochi centimetri. Quello è il tuo striscione e ognuno di noi è pronto a difenderlo, guai a chi lo tocca. Forse l'amore per il gruppo supera l'amore per la squadra. In fondo è con i tuoi amici che dividi gioie per le vittorie e dolore per le sconfitte. E con loro condividi anche i problemi di tutti giorni che nulla hanno a che vedere con il calcio. Dagli anni sessanta ad oggi le curve hanno cambiato aspetto. Di pari passo con la società c'è stato il momento del boom, del decadimento, della rinascita. C'è stato il ricambio generazionale, gli ultras di ieri, o hanno lasciato il posto alle nuove o sono rimaste a loro fianco per dare, diciamo pure l'esempio. Cos è per te la curva di ieri, la curva di oggi e come deve diventare la curva del domani? Per me la curva di ieri ha il sapore del pionierismo. In fondo siamo stati i primi ultras di un movimento che tutti hanno voluto analizzare senza riuscirci o dando giudizi affrettati e che nonostante tutto dura da più di trent'anni. Quando penso alla curva del passato mi vengono in mente i derby. Ci lavoravamo sopra da una settimana prima. Mi viene in mente quando scrivevamo sugli striscioni "Bettega TBC" o quando tiravamo fuori delle bare e le croci bianconere. Macabri, penserebbe qualcuno, ma allora c'era tanta goliardia e allo stesso tanta voglia di farsi rispettare. Ci ritrovavamo per le nostre riunioni in via Carlo Alberto, nella sede dei Fedelissimi. A pochi isolati, in via Bogino, si ritrovavano i Gobbi. Spesso finiva a bastonate. La curva di ieri è la nostra gioventù che cresceva in un ambito diverso da quello dei nostri padri. Nella curva di oggi vedo nuove leve. Alcuni di questi ragazzi mi ricordano come eravamo noialtri. Mi rivedo nel loro coraggio di affrontare le cose, nella loro goliardia che assomiglia a quella nostra che ci ha fatto compagnia in tante "avventure". In altri assolutamente non mi riconosco. Infatti, negli ultimi anni è nato l'ultras manager. Per alcuni andare in curva è diventato un mestiere. Purtroppo quello che dicono alcuni giornalisti è vero: ci sono contatti con i presidenti delle società calcistiche, c'è un giro di denaro sui biglietti e spesso le trasferte vengono pagate totalmente. Le società sono pronte a darti tutto, peccato che al primo tafferuglio, anche se succede a chilometri di distanza dallo stadio, sono loro i primi a metterti sul banco degli imputati. Poi a differenza del passato ci sono troppe coreografie. Manca quello spontaneismo che era alla base del primo movimento ultras. C'è una gara a creare scenografie che costano milioni per pochi istanti d'inquadratura televisiva. Penso che anche noi spesso cadiamo nella trappola che ha fatto grande la Pay Tv. Entriamo anche noi nel loro meccanismi dove il business regna sovrano, senza guardare in faccia fede e passione. La curva di domani? Beh, io spero che i gruppi pian piano "muoiano", per rinascere con quello spontaneismo di un tempo. Niente più settori, niente coreografie. Come in Inghilterra. Io sono tifoso oltre che del Torino anche di una squadra inglese, il Millwall. Appena posso prendo il primo volo e vado a Londra a seguire questa squadra. E li riassaporo il tifo di un tempo". Dunque vai in Inghilterra, la terra dei cosiddetti Hooligans e tocchi con mano il tifo oltre Manica. Cioè fai quello che facevano i primi Ultras italiani Si, ma la cosa stupenda è che loro non mi considerano un tifoso italiano che simpatizza per il Millwall. Io non solo vengo accettato. Loro mi considerano proprio uno di loro a tutti gli effetti. E questo per me è un vero e proprio onore. Insomma io sono ultras anche del Millwall. Se non sbaglio i fans del Millwall sono considerati come una delle tifoserie più agguerrite in Inghilterra. Dopo la tragedia dell'Heysel il governo britannico ha cercato di cambiare le cose. Un giro di vite necessario per farsi riaccettare nell'Europa calcistica. Com'è ora la situazione? Si è ripartiti dall'anno zero. Tutto assomiglia a quello che eravamo noi vent'anni fa. Non esistono grupponi formati da centinaia di unità. Poca gente, ma con una forza enorme. Anche negli scontri c'è più lealtà che dalle nostre parti. Si fissano gli appuntamenti con gli avversari e via con la scazzottata. Solo pugni e calci, nessuna bomba carta, nessun coltello, tranne qualche tifoseria. Insomma tutto è tornato come un tempo e credo che anche da noi debba succedere la stessa cosa. Senti, si è parlato spesso del connubio politica-ultras. Molte tifoserie sono state accusate di estremismo politico e di fare della curva un banco di prova o un centro di reclutamento per la piazza. È veramente così oppure c'è stata un'esagerazione e l'ultras è diventato il "casus belli" anche su questo argomento? La politica in curva c'entra ben poco. Non posso negare che alcune tifoserie hanno grossi connotati politici. Un esempio sono i veronesi che da sempre si distinguono per essere una curva di destra oppure i livornesi che non nascondono, anzi ne fanno una loro forma di distinzione, di essere legati all'estrema sinistra. Però a parte rari casi non vedo tutta questa problematica. Prendi ad esempio la nostra curva: da noi ci sono ragazzi dei centri sociali e giovani legati all'estrema destra. Passano la domenica uno a fianco dell'altro, senza problemi, squatters o militanti di Forza Nuova che siano. Poi magari in piazza se le danno di santa ragione, ma in curva no! Li è un territorio neutro. Li esiste il gruppo e la passione per i colori della squadra. Un territorio franco. Ed è sempre stato così, dagli anni settanta ad oggi. Chi dice che la curva è un covo di "rossi" o di "neri" dice una palla. Infatti, camerati e compagni convivono senza che la politica condizioni il loro essere ultras. E la società come e quanto incide nella vita della curva? Incide come in ogni cosa. La curva è uno spicchio di società. Senza dubbio meno classista. La curva accomuna e non divide. Dicono che nelle curve c'è la droga? Certo, è vero. C'è la droga come nelle discoteche o negli uffici. Le sostanze non sono figlie degli ultras. Ci sono sempre state e non capisco perché si scandalizziamo tutti quanti se la droga gira anche in curva. Secondo gli inquirenti o i soliti sociologi da salotto televisivo noi siamo il male della società. Ma la violenza c'è sempre stata e ci sarà sempre, in ogni angolo di strada, in ogni città o paesino sperduto. C'è gente che si ammazza a colpi di coltello per una precedenza non data in automobile o per una spinta in discoteca. Allora bisognerebbe vietare alla gente di andare a ballare o di uscire per strada? Ok, noi ci scontriamo, tra di noi sia ben chiaro. Nessuno obbliga qualcuno a farlo e non mettiamo di mezzo gente che non c'entra nulla. Due pugni e il giorno dopo sui quotidiani sportivi e in cronaca appare a nove colonne l'articolo che dice che noi siamo il "male della società", i "falliti", "persone che sfogano le proprie frustrazioni la domenica". Ma io non mi sento affatto un fallito. Ho una casa, un lavoro. Ho i miei affetti, le mie idee politiche. Difendo i miei colori e amo la mia squadra. Nessuno di questi signori che ci giudicano hanno passato neppure un solo minuto in mezzo a noi. Poi, poco importa se i giocatori vengono dopati, se le società hanno dei buchi enormi nei bilanci o se ci costringono a vedere la nostra squadra tra il freddo invernale della domenica notte perché "Mister Sky" ha deciso così. Di noi si ricordano al momento giusto e da tifosi diventiamo semplici delinquenti da mettere alla gogna. Anzi, i peggiori da sbattere in galera e buttare la chiave. Alla fine penso di essere più leale io quando mi scontro con il mio rivale perché entrambi sappiamo a cosa andiamo incontro e al massimo, se non c'è infamità, torniamo a casa con quattro graffi, che tutti questi personaggi che vedono nel calcio solo ed esclusivamente un affare economico."

E’ tutto. Grazie prete e grazie Vitrotti. Grazie a tutti voi. Ci leggiamo lunedì. RABBIA E STILE oSKAr